Mettere a nudo il volto, rimasto troppo a lungo celato dalla mascherina durante la pandemia di Covid. E raccontare la propria esperienza nel rapporto con i pazienti, attraverso il linguaggio delle immagini. Dodici ritratti fotografici di infermiere e infermieri in camice: ognuna regge una provvisoria cornice mettendo così in risalto il proprio volto. La mostra virtuale Infermieri, a viso aperto è una campagna di sensibilizzazione che mette al centro gli aspetti più umani,
empatici e accoglienti di chi ogni giorno assiste milioni di persone: non eroi, ma professionisti.
Il progetto è firmato dal fotografo Settimio Benedusi. “La fotografia ha un senso se serve a qualcosa, se è utile. È un mezzo per indagare il mondo", afferma l'autore, precisando che la fotografia "è in grado di aiutarci a scoprire gli aspetti più intimi che si celano dietro quelle mascherine che ogni giorno i nostri infermieri sono tenuti a portare, a volte con fatica e sofferenza. L'obiettivo della Campagna è scavare a fondo quei volti quotidianamente nascosti ma sempre pronti ad accogliere e a raccogliere le sfide, a viso aperto".
All’interno della piattaforma che ospita la mostra fotografica virtuale sono presenti anche le storie degli infermieri protagonisti della Campagna.
Come Alessandra, 29 anni, infermiera in un reparto di neuropsichiatria infantile: "Non si fa l'infermiere lo si è", dice Alessandra. "Basta una parola detta al momento giusto, o un sorriso appena accennato da dietro la mascherina che traspare dagli occhi, per dare segnali importanti".
Francesco, 54 anni, ex informatico, infermiere, insegnante nei corsi di laurea in scienze infermieristiche, da tre anni lavora in area clinica occupandosi prevalentemente di anestesia: "Spesso il paziente entra per la prima volta in sala operatoria e si sente estraniato, attorniato da personale bardato e in un ambiente asettico - racconta Francesco -. Io ho giusto pochi minuti prima dell’anestesia per dargli sicurezza e per percepire la sua storia personale”. “Abbassare le difese emozionali è necessario per far capire ai pazienti che noi siamo lì per loro”.
Fiore, 46 anni, è coordinatrice in una casa di riposa e si occupa di Alzheimer: "In questi reparti, l’ascolto è fondamentale. Ascoltare i pazienti, certo, ma anche e soprattutto i familiari".
“È uno scambio che ti coinvolge anche a livello relazionale - spiega Fiore -. Per ogni paziente, per ogni famiglia, va trovata una strada che non dimentichi mai il mondo esperienziale, i ricordi, il vissuto”.“Non assistiamo i pazienti solo dal punto di vista clinico, con loro costruiamo relazioni che si strutturano profondamente dal punto di vista umano. Per me è stimolante e mi rende orgogliosa quando riesco a trovare il canale di comunicazione personale con ciascuno dei miei pazienti”.
La mostra fotografica virtuale, “visitabile” sul sito www.infermieriavisoaperto.it, è stata promossa e realizzata dal Gruppo Chiesi, con il patrocinio non oneroso della FNOPI, la Federazione Nazionale degli Ordini delle Professioni Infermieristiche.
"La Campagna ‘Infermieri, a viso aperto’ - dichiara Ugo Di Francesco, ad del Gruppo Chiesi - rappresenta un esempio di trasformazione del concetto di empatia in un’attività tangibile, di condivisione di quei valori che gli infermieri mettono in campo ogni giorno nell’assistere i pazienti e ai quali non può che andare la nostra gratitudine per il ruolo fondamentale che ricoprono, indipendentemente dalla pandemia”.
E Barbara Mangiacavalli, Presidente FNOPI, spiega che “Gli infermieri ci sono, ci sono stati, ci saranno. Lo sanno bene i cittadini che li riconoscono in questa pandemia come quei professionisti vicini ai pazienti, al proprio fianco per rispondere ai loro bisogni, per garantire l’umanizzazione dell’assistenza e la dignità del fine vita". "Perché per noi, come recita il Codice deontologico, ‘il tempo di relazione è tempo di cura’. Impegno, professionalità e dedizione sono sotto gli occhi di tutti. Lavoriamo a viso aperto, bardati da tute di contenimento e tripli guanti di lattice di protezione, pagando un prezzo altissimo, sopperendo alle criticità delle strutture e alle carenze di personale che denunciamo da anni". "In Italia - denuncia - occorrono subito 53mila infermieri, di cui gran parte sul territorio come infermieri di famiglia/comunità, per una vera assistenza a misura di cittadino”.
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