Andare a rispondere al citofono o accendere il fornello, apparecchiare la tavola, spostarsi in un'altra stanza, salire un gradino. Anche il più piccolo gesto quotidiano può diventare una fatica insormontabile, quando ci si sente pervasi da un senso di esaurimento fisico, emotivo e cognitivo. La stanchezza da cancro o fatigue, colpisce il 65% dei pazienti con tumore. Il 40% delle persone “sente la fatigue” già al momento della diagnosi, la percentuale sale all’80%-90% durante la chemioterapia o radioterapia e nel 20% persiste molti anni dopo la terapia.
La chemioterapia è la principale responsabile della comparsa del disturbo, seguita dalla terapia ormonale e dall'immunoterapia. Dopo 20 anni di studio e osservazione di questo fenomeno, nascono oggi le prime “Linee Guida Europee sulla diagnosi e il trattamento della Fatigue” approvate dall’European Society of Medical Oncology (ESMO), primo autore è Alessandra Fabi, Responsabile dell’Unità di Fase 1 e Medicina di Precisione dell’Istituto Nazionale Tumori Regina Elena.
Uno strumento prezioso che aiuta i clinici prima di tutto a comprendere, e quindi ad affrontare questo complesso sintomo. “La pubblicazione si rivela particolarmente utile in questo periodo – sottolinea Gennaro Ciliberto, direttore scientifico del Regina Elena – perché purtroppo assistiamo ad un aumento della predisposizione alla fatigue nei pazienti oncologici, in questo periodo significativamente provati dal punto di vista emotivo”. In particolare in questo presente nel quale l'emergenza Coronavirus ha reso tutto più difficile.
Ma qual è la migliore cura per contrastare il disturbo? Nessun farmaco specifico per ora. Le linee guida raccomandano l’esercizio fisico aerobico, tecniche di mindfulness, yoga ed interventi psicosociali. Gli steroidi solo in pazienti selezionati, mentre molto insoddisfacenti, fino ad ora, si sono dimostrati l’utilizzo di farmaci psicostimolanti ed antidepressivi.
“Rimuovere la fatigue durante la terapia vuol dire migliorare l’aderenza alle cure – dichiara Alessandra Fabi -. Esserne liberi una volta terminate le terapie oncologiche, dà modo di riprendere in mano la vita in maniera totalizzante. Dopo il cancro la persona ri-crea la propria esistenza, deve farlo con attenzione e consapevolezza della sfera psico-corporea”.
Percepita come un senso persistente e soggettivo di esaurimento fisico, emotivo e cognitivo, raramente la fatigue è diagnosticata a causa della sua natura multidimensionale. È un sintomo sottovalutato dai medici, anche perché non è sempre riferito dal paziente nel corso delle visite. Oggi più che mai la problematica emerge all’interno dei social creati dagli stessi gruppi di pazienti, aree importanti di condivisione di esperienze del vissuto del singolo.
La “fatica legata al cancro” è un contenitore di situazioni di inadeguatezza soggettiva: la fatigue è ciò che la persona racconta. Si differenzia da altri tipi di stanchezza per la sua persistenza e per l'incapacità di alleviarla attraverso il riposo o il sonno ristoratore. Fino a pochi anni fa era impossibile definirne una misura della gravità, oggi invece è identificata e misurata attraverso questionari convalidati a livello europeo.
“Si tratta di un traguardo recente e importantissimo – spiega Alessandra Fabi - che abbiamo raggiunto grazie alla individuazione di strumenti di screening che tengono conto della natura multifattoriale del disturbo e consentono così la gestione mirata e multidisciplinare dei sintomi. Tuttavia resta ancora difficile il management: pazienti con una intensità di fatigue simile possono avere livelli molto diversi di disabilità”.
Nei pazienti oncologici, durante e dopo il trattamento, la prolungata inattività è un elemento che “alimenta” la fatigue. Questo stato, infatti, causa perdita di massa muscolare e di forza. Ciò gradualmente influisce sulla possibilità di compiere gesti semplici come salire le scale o mantenersi in equilibrio, e può condurre a problemi cardiovascolari e a un aumento dell'ansia e della depressione. Un programma strutturato di esercizio fisico che mira ad aumentare la massa muscolo-scheletrica del paziente, migliora la qualità di vita e aiuta a contrastare la “fatica”.
L’emergenza sanitaria da nuovo Coronavirus non ha aiutato, ma ora bisogna approfittare per riprendere un esercizio fisico adeguato, aerobico e costante e seguire le indicazioni dei team multidisciplinari per la cura della fatigue.
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