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Abrogare la legge regionale n.23 del 2015 che oggi regola in via “sperimentale” la sanità lombarda e costruire, in questa regione così provata dalla pandemia di Coronavirus, un nuovo Servizio Sociosanitario che sia “unitario e globale, decentrato nel territorio, partecipato e controllato dagli utenti”. Non è un'utopia, ma una proposta concreta, frutto di decennali esperienze fatte sul campo, quella che arriva dal Movimento per la difesa ed il miglioramento del Servizio Sanitario Nazionale, fondato tre anni fa a Milano da un gruppo di esperti di sanità e salute pubblica.

La proposta, elaborata in questa delicata fase di coda pandemica, contiene in primis la richiesta di superamento della normativa sanitaria regionale finora in vigore, la cosiddetta riforma Maroni, e passa quindi a delineare l'architettura di un nuovo Servizio sociosanitario lombardo che sia realmente funzionale all'attuale domanda di salute nella regione. 

Il Movimento, in memoria degli oltre 16mila morti per Covid-19 e “in solidarietà con le loro famiglie e dell’intera popolazione lombarda",  si rivolge innanzitutto al Consiglio regionale e al Governo nazionale chiedendo l’abrogazione della L.R. 11 agosto 2015 - n.23", la cui sperimentazione scade nel prossimo mese di agosto. “Si tratta a nostro avviso - affermano gli esperti - di una Legge regionale che ancor prima della pandemia virale, ha dimostrato ampiamente di non corrispondere ai bisogni sanitari di milioni di persone e di favorire soprattutto la sanità privata”.

“Illegittima e di dubbia costituzionalità”, così viene inoltre definita la Legge voluta da Roberto Maroni cinque anni fa: il Movimento per la difesa ed il miglioramento del SSN, “tenuto conto della Costituzione rinnovellata a seguito del referendum del 4 Dicembre 2016, chiede dunque che il Consiglio Regionale, senza indugio, proceda alla predisposizione di una nuova Legge Regionale che sia rispettosa dei principi e dei valori della Riforma sanitaria”.

Non vi è dubbio alcuno, sostengono gli esperti si sanità pubblica, che la Regione Lombardia si debba dotare di un nuovo Servizio Sociosanitario, "unitario e globale, decentrato nel territorio, partecipato e controllato dagli utenti".

Ed ecco nei punti essenziali la proposta per il nuovo SSR della Lombardia:

1) I pilastri del nuovo Servizio Sociosanitario sono: I Dipartimenti di Prevenzione, i Distretti, la Rete Ospedaliera da razionalizzare e ammodernare.

2) Strategici pertanto debbono essere: il rapporto con i Comuni, la programmazione Sociosanitaria, il Piano regionale di Prevenzione, l’aggiornamento radicale del Piano Regionale Pandemico, l’integrazione Sociosanitaria e soprattutto l’unificazione sinergica della prevenzione, della diagnosi, della cura, della riabilitazione, la formazione degli operatori e la ricerca scientifica, specie  quella applicata agli obiettivi  e alle priorità della programmazione  e non ultimo il finanziamento adeguato del Servizio Sociosanitario.

3) Le istituzioni e le articolazioni territoriali del Servizio sociosanitario regionale debbono essere allocate di norma nelle Province lombarde fatta eccezione per la Città Metropolitana di Milano e per la Provincia di Brescia.

4) Vanno istituite le Aziende Unità Locali Socio Sanitarie, Territoriali ed Ospedaliere

5) Gli Ospedali - aziende, vanno a nostro giudizio limitati alle sole realtà dove si esercita in modo prevalente la formazione degli operatori sanitari, sociosanitari e dei tecnici della salute e la ricerdi quella pubblicaca scientifica.

6) La sanità privata ha un ruolo integrativo della sanità pubblica, in accordo con la LEGGE 23 dicembre 1978, n. 833, istitutiva del Servizio sanitario nazionale. 

7) La priorità dei finanziamenti, specie nell’attuale contingenza storica, spetta alla Prevenzione ed alla Assistenza sanitaria Primaria. È fatto obbligo ai Medici di Medicina Generale (MMG) ed ai Pediatri di Libera Scelta (PLS) di associarsi sull’intero territorio regionale come peraltro è previsto dai contratti nazionali di lavoro per la Medicina e per la Pediatria. Il controllo di dette attività deve essere svolto dai Distretti. I Dipartimenti di Prevenzione, uno per ogni Azienda Unità Locale Sociosanitaria, sono dotati dei Servizi di cui al Decreto Legislativo n. 229 del 1999. I Dipartimenti sono inoltre dotati di un Laboratorio di Sanità Pubblica (LSP). Il finanziamento per i Dipartimenti di Prevenzione e dei relativi Laboratori di Sanità Pubblica deve essere pari ad almeno il 10% della Spesa Sanitaria Regionale.

8) L’aggiornamento degli operatori integrativo degli ECM, è obbligatorio e si svolge a cura e a spese della Regione. Va potenziata in modo significativo la collaborazione, specie per le specializzazioni mediche, fra le Università e le strutture del Servizio Sociosanitario Regionale.

9) Fermo restando le funzioni, i compiti e le responsabilità della Regione in materia di programmazione, indirizzo, controllo e finanziamento del Servizio Sociosanitario Regionale, nonché la nomina dei titolari delle direzioni strategiche delle aziende sanitarie, viene istituito un organismo di garanzia nominato dall’assemblea dei Sindaci dei Comuni delle Aziende Unità Locali Sociosanitarie con compiti di sorveglianza e di pareri vincolanti sui bilanci delle Aziende di competenza.

10) È fatto divieto di istituire Aziende Sanitarie Regionali con compiti di gestione diretta sulle articolazioni territoriali e istituzionali della Sanità Pubblica come peraltro previsto dalla Costituzione della Repubblica Italiana.

Il documento reca la firma finale di Vittorio Carreri per la Segreteria del Movimento. “Oggi siamo preoccupati per questo plateau della curva pandemica che non scende, mostrando così che in circolazione vi sono ancora molte persone infette”, spiega il medico igienista esperto di sanità pubblica che per 30 anni ha guidato la prevenzione di Regione Lombardia.

Carreri small

“Purtroppo questa Regione continua a non fare abbastanza per prevenire un’eventuale seconda ondata epidemica in autunno. Basta ricordare la scarsa attenzione per il tracciamento dei casi positivi al virus. Un esempio? Finora in Lombardia, ogni 100mila abitanti sono stati eseguiti 103,3 tamponi, mentre in Veneto ne sono stati fatti 195,17, quasi il doppio. Eppure, i dati ci mostrano che a Bergamo e Lodi si muore 6 volte di più. E allora perché nessuno provvede a intensificare la prevenzione?" . 

La legge regionale n.23 del 2015 ha tagliato le 15 Asl fino ad allora esistenti e ha istituito 8 agenzie per la tutela della salute, dimezzando i dipartimenti di prevenzione e gli operatori che oggi dovrebbero svolgere l'attività di tracciamento dei positivi al virus. Questa normativa, "per responsabilità delle Giunte e delle maggioranze Consigliari che l’hanno progettata, approvata e gestita, è stata dunque una concausa efficiente del disastro sanitario, sociale ed economico verificatosi nei primi mesi del 2020 per l’evento pandemico”.  E a questo proposito, aggiunge Carreri, "giudizi negativi sulla responsabilità degli amministratori soprattutto regionali sono stati espressi anche dal Presidente della Repubblica nella sua visita a Bergamo del 28 giugno scorso". 

Alla scadenza della fase sperimentale, conclude l'esperto di salute pubblica, è necessario "abolire la legge regionale e adottare una nuova normativa,  potenziando inoltre al massimo le attività di prevenzione, a partire dalle zone che hanno registrato la mortalità più elevata".  

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