Si tagliano il corpo, si fanno del male, come se il dolore autoinferto potesse attutire quello interiore, più forte. I comportamenti autolesivi sono una delle tante declinazioni del crescente disagio tra i giovanissimi in tempo di Covid: alcuni, forse la maggioranza, sono sempre
più paurosi, ansiosi e depressi, chiusi in un desiderio di invisibilità; altri invece sempre più aggressivi e violenti contro tutti, familiari, coetanei, adulti.
È un grido d’allarme accorato quello di Luca Bernardo, specialista in pediatria e direttore del Dipartimento dell’Età evolutiva, Medicina dell’infanzia e adolescenza dell’ASST Fatebenefratelli-Sacco di Milano. “Il quadro sta peggiorando con l’avanzare della nuova ondata e l’isolamento forzato dei ragazzi. Da un lato sono cresciuti in maniera esponenziale i disturbi gravi del sonno e del comportamento alimentare, accanto ai casi di ansia, depressione, panico. Il dato più drammatico riguarda i tentativi di suicidio. Già nel corso del 2020 questi casi erano triplicati rispetto all’anno precedente, ora sono quadruplicati; nei primi due mesi del 2021 abbiamo avuto quattro tentativi compiuti da giovanissimi: il più piccolo, 5 anni, ha agito per emulare quanto ha visto fare sui social”.
Del resto, durante la pandemia, la rete e i social hanno spesso sostituito la normalità dei rapporti con gli amici in presenza. “Oggi – afferma il direttore Bernardo - sono moltissimi i ragazzini che non solo si autolesionano, ma partecipano a sfide pericolose sui social come il blackout challenge, che su Tik Tok invita a stringersi una corda intorno al collo per provare la propria resistenza. Oggi una nuova moda tra adolescenti o preadolescenti è quella di buttarsi sulle macchine che passano per strada”.
E non c’è solo il desiderio implosivo di scomparire. A Milano crescono anche gli episodi violenti: baby rapinatori che derubano i coetanei di soldi e cellulari, risse durante il coprifuoco notturno, pestaggi. In alcuni casi i ragazzi si trovano in rete per poi incontrarsi in piazza e picchiarsi o prendere a pugni e calci i passanti.
“Ciò che emerge – sottolinea l’esperto, che è inoltre consulente ministeriale sui temi del bullismo e del cyberbullismo - è l’urgenza di dare attenzione, ascolto e cura a tutti i bambini e i ragazzi che sono stati i più penalizzati in questa pandemia, per superare il malessere dovuto all’isolamento e alla mancanza di socializzazione”. Le cose sono destinate a peggiorare, avverte, se non si riuscirà a intervenire tempestivamente: a questo proposito Bernardo auspica l’istituzione di un Coordinamento nazionale che coinvolga il ministero della Salute, gli operatori, le istituzioni competenti e i rappresentanti delle famiglie.
Intanto la violenza aumenta anche tra le pareti domestiche ed è capitato che la lite in famiglia sia degenerata in accoltellamento. La rabbia diventa un modo per “sentirsi vivi” e uscire dall’impotenza che si prova in una quotidianità che costringe i ragazzi a trascorrere molto più tempo nella propria abitazione.
Ed è proprio nelle case che alberga il disagio maggiore, quello che sfocia nella richiesta di aiuto alle strutture sanitarie del territorio oggi completamente intasate: la carenza di organico degli ambulatori pubblici è resa più evidente dall’aumentata domanda.
“In questo periodo siamo come in trincea, vediamo una quantità enorme di adolescenti con psicopatologie anche gravi che richiedono una terapia farmacologica – dichiara il neuropsichiatra Claudio Tacchini, dell’Unità Operativa di Neuropsichiatria dell’Infanzia e dell’Adolescenza dell’ATS-Milano Melegnano e Martesana. “L’aumento è stato esponenziale durante questi mesi, anche a causa della mancanza di spazi fondamentali, primo tra tutti la scuola, nei quali i giovanissimi possano investire le loro emozioni. In quest’epoca di passioni tristi, di incertezza e tempo sospeso, la pandemia ha acuito la difficoltà di progettare il proprio futuro. Solo i ragazzi che hanno obiettivi chiari, passioni definite o un lavoro se la passano meglio”.
Anche Matteo Lancini, psicologo psicoterapeuta, presidente della Fondazione Minotauro, conferma l’aumento dei gesti autolesivi. “L’attacco al sé, al proprio corpo, è oggi la modalità prevalente per esprimere il disagio, più che l’aggressività verso gli altri. Una rabbia spesso legata a disturbi del comportamento come il ritiro dalla società, il suicidio sociale, mentre i tagli, il self cutting, e i gesti autolesivi sono oggi la problematica prevalente tra gli adolescenti”. Il segno di una delusione cocente da aspettative di successo, o di popolarità, indotte dai social e sempre più frustrate. Anche i piercing e i tatuaggi invasivi “sono un segnale di malessere”.
Secondo Lancini, nella prima fase del lockdown, c’è stata una “sostanziale tenuta”: gli adolescenti hanno rinunciato a molte cose ma si sono compattati, insieme ai loro familiari, contro l’aggressione esterna del virus. “I ragazzi più grandi, a differenza dei bambini, hanno retto all’impatto, a meno che non vivessero in famiglie molto disagiate o violente. Forse in quel periodo hanno sofferto maggiormente i più piccoli, ai quali è stata preclusa la scuola, la socializzazione, lo sport”.
Invece dopo l’estate, con lo stop and go della riapertura scolastica, le successive chiusure, la didattica a distanza, sono esplosi gli stati ansiosi e depressivi. “Anche nel nostro consultorio gratuito abbiamo registrato la crescita di tentativi di suicidio, di casi di adolescenti ritirati sociali, di disturbi alimentari”. E con il malessere, cresce l’esigenza di assistenza psicologica nelle scuole, anche in Dad. “Alcune si sono da tempo organizzate con sportelli di sostegno, ma si sente la mancanza di una legge nazionale che preveda un intervento strutturato gratuito”. Un protocollo è stato firmato a settembre tra il Consiglio nazionale Ordini Psicologi (CNOP) e Ministero dell’Istruzione, per il supporto psicologico nelle scuole, ma gli adolescenti meritano un’attenzione maggiore e interventi specifici. E molte regioni non si sono ancora dotate di un piano per l’adolescenza.
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